BOMBSHELL – LA VOCE DELLO SCANDALO: la storia vera dietro al caso mediatico di ROGER AILES

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Fra i titoli più attesi di questa stagione cinematografica, annunciato come film di apertura del Bifest 2020, Bombshell si è dovuto arrendere alla situazione contingente e divenire una delle tante pellicole che si è vista precludere l’uscita al cinema. E così Amazon Prime Video decide di lanciarlo, in anteprima e in esclusiva.

La pellicola aveva fatto in tempo ad uscire sul grande schermo in America, dove è stata accolta da giudizi contrastanti, tutti concordi però nel riconoscere il grande talento delle attrici protagoniste: Nicole Kidman, Charlize Theron e Margot Robbie (le ultime due sono state candidate agli Oscar ma la statuetta è stato vinta solamente per il “miglior trucco”).

La trama ripercorre lo scandalo che travolse Roger Ailes, fondatore di Fox News, accusato nel 2016 di molestie sessuali. In qualità di CEO del network, infatti, godeva di un potere assoluto non soltanto sulle questioni tecniche, ma anche in merito ad alcuni programmi.Il regista Jay Roach decide infatti di concentrarsi sull’ultima fase della carriera di Ailes, al contrario della recente miniserie The Loudest Voice, in cui ogni episodio narra una tappa fondamentale dell’ascesa e del declino dell’uomo.

Gretchen Carlson (Nicole Kidman) è una delle giornalista di punta di Fox News, fino a quando non viene relegata in una fascia pomeridiana poco seguita ed infine licenziata senza giusta causa, dopo aver rifiutato le avances di Ailes. Infastidita anche dai commenti sessisti in onda e dietro le quinte, decide di rivolgersi a due avvocati, per far causa direttamente al CEO del network e non all’azienda. Ma sono necessarie le testimonianze di altre donne.

Megyn Kelly (Charlize Theron) è la pupilla di Roger Ailes (John Lithgow), conduttrice di programmi di spicco e abile nel gestire il panorama politico, in particolare durante la campagna elettorale 2015\2016, quando sfida apertamente il candidato repubblicano Donald Trump in merito ai suoi giudizi misogini. Anche lei, però, ha subito molestie da Ailes, ma in un primo momento decide di non schierarsi apertamente, combattuta fra i rimorsi e fra una lealtà che sente di dovere all’uomo.

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Kayla Pospisil (Margot Robbie) è l’ultima arrivata alla Fox e lavora per Carslon. Conservatrice radicale in un ambiente conservatore, decide però di provare a lavorare per il programma di O’Reilly, dal quale viene licenziata il primo giorno. Per mantenere il posto è costretta quindi a cedere anche lei a Roger, anche se ormai anziano e fisicamente impotente.

Le storie di queste tre donne si incroceranno verso la fine dello scandalo: Megyn, dopo un lungo silenzio notato da tutta la redazione, decide di confessare quanto subito in passato, consapevole che il caso assumerà grandi proporzioni se mosso da due giornaliste di spicco. E sarà lei a spingere Kayla a testimoniare, dopo che 22 donne dell’azienda si erano fatte avanti, insieme ad altre che avevano lavorato per la Fox in passato. La prova decisiva saranno le registrazioni di Gretchen, che dopo aver perso le speranze trova altre vittime come lei. Ma sarà costretta a firmare un accordo di riservatezza e ad accettare 20 milioni di dollari di risarcimento. Ailes viene, quindi, licenziato e il suo posto viene preso da Murdoch, fondatore della Fox. Nulla, di fatto, è cambiato e Kayla deciderà di lasciare per sempre il network.

Questa lunga e dettagliata digressione sulla trama è necessaria per parlare di un prodotto come Bombshell, la cui forza risiede quasi esclusivamente nella storia narrata. La pellicola, infatti, si pone a metà strada fra il biopic e il film d’inchiesta, finendo per strizzare l’occhio anche a stilemi tipici del documentario (nella pellicola vengono montati anche spezzoni di filmati di repertorio), proprio per rendere la narrazione il punto focale.

La storia, infatti, è raccontata in maniera coraggiosa e a volte persino (auto) ironica, senza cedere mai il passo a facili pietismi o banalizzazioni. Le tre attrici protagoniste riescono a trasmettere al meglio i sentimenti e le emozioni che possono scaturire da una vicenda di tale portata, rendendo incisive alcune scene che mettono perfettamente in evidenza il meccanismo alla base di scandali come questi.

Il rapporto fra sesso e potere diviene la chiave di lettura dell’intera pellicola: non concentrandosi sul post avvenimenti, come accade invece in molti film su tematiche simili, ma entrando nel cuore della vicenda, il regista svela e rende evidente che alcuni uomini di potere, giunti ai livelli dirigenziali delle loro carriere, portano avanti una sistematica strategia di molestie e pressioni psicologiche nei confronti delle donne esclusivamente per esercitare la propria autorità. Il sesso è solamente lo strumento, il modo più veloce, incisivo e degradante di cui possano disporre, ma non il fine.

E ciò è evidente nella vicenda della quale è protagonista Margot Robbie, vittima, come accennato prima, di un Roger ormai anziano e malato, che cammina con il deambulatore e da cui nessuno si aspetterebbe mai nulla del genere. E quello specifico episodio di violenza, non a caso, è accompagnato da pesanti umiliazioni verbali, che scandiscono che lui, uomo, è l’unico in grado di garantire un lavoro a Kayla dall’alto della sua posizione e lei, donna, deve solamente giurare “fedeltà”.

Altro punto di forza, oltre alla potenza narrativa, è il cast, guidato, come accennato più volte, da Nicole Kidman, Margot Robbie e da un’ irriconoscibile Charlize Theron ma in cui figurano comprimari di grande rilievo, fra cui John Lithgow, Allison Janney e Kate McKinnon.

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Dal punto di vista filmico, invece, la narrazione si perde in più punti, a causa di una sceneggiatura a volte difficile da seguire, che cerca di condensare in circa 1h e 50 di pellicola tutti i punti salienti della storia. Anche il montaggio, a volte lento, altre invece piuttosto concitato, non permette di seguire al meglio l’altalena emotiva che percorre l’intera vicenda. Allo stesso tempo, però, non mancano autentici momenti di tensione, che inducono nello spettatore una forte sensazione di disgusto ed indignazione.

Una storia forte, che giustifica la realizzazione del film, il cui merito principale è quello di aver portato alla luce uno scandalo non a tutti noto, precursore del caso “Weinstein” e del movimento #Metoo. E che fa emergere in maniera chiara e diretta, senza mezzi termini, i meccanismi che si celano dietro alle tante storie che compongono il complesso mosaico delle “ bombe mediatiche” legate ad episodi come questi.

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Classe 1994, laureata in Lettere moderne alla triennale e in Scienze dello Spettacolo alla magistrale. Da sempre appassionata di cinema, coltiva il sogno di diventare critica cinematografica. Guarda di tutto e si appassiona ad ogni genere, dal film d’autore fino ai cinecomics. Per lei sarebbe impossibile stilare una classifica delle sue pellicole preferite. Se non sapete dove trovarla, probabilmente è in sala a gustarsi un nuovo film.