Il fabbricante di lacrime: una combustione di patetici cliché

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Come spesso accade quando si passa dalla carta stampata al grande schermo, specialmente se l’opera in questione è un classico young-adult strappacuore, il Fabbricante di Lacrime è passato da una storia editoriale clamorosa a una poco più che patetica trasposizione cinematografica.

Il romanzo firmato da Erin Doom che, con quasi 500mila copie vendute nel 2022, si è confermato il più venduto in Italia di quell’anno, è stato distribuito come lungometraggio su Netflix il 4 aprile 2024. Diretto da Alessandro Genovesi e interpretato da Caterina Ferioli e Biondo (cantante di Amici17), il Fabbricante di lacrime rimanda a Twilight e simili in maniera così prorompente da non lasciare spazio a nessun tipo di lettura differente.

Nonostante sia un prodotto italiano, il regista estremizza la banalizzazione del contenuto costruendo l’intera narrazione all’interno di un contesto che rimanda direttamente all’adolescenza americana di cui Netflix è piena fin sopra ai capelli. Una bella opportunità di dare voce alla gioventù italiana annegata tra file di armadietti e prom di fine anno.

La trama di Fabbricante di lacrime, più semplice che mai, racconta la storia di Nica (Caterina Ferioli), un’adolescente che ha vissuto gran parte della sua vita in un terribile e oscuro orfanotrofio, chiamato Grave, a causa della scomparsa prematura dei suoi genitori.

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Questa traumatizzante esperienza in istituto, fatta di punizioni al buio e di privazione della propria identità, l’ha spinta a costruire un legame profondo con alcune storie che, a lungo andare, sono diventate delle vere e proprie leggende a cui aggrapparsi. Fra queste impera quella del Fabbricante di lacrime, un essere indefinito al quale si affibbia la genesi delle paure e delle sofferenze insite nell’animo umano. Una volta raggiunta l’età dell’adolescenza, la ragazza viene adottata da una famiglia insieme a un altro ragazzo del Grave: Rigel (Simone Baldasseroni, il rapper Biondo), il favorito dell’istituto. Un nuovo capitolo della vita di entrambi si staglia all’orizzonte, trascinando con sé i profondi traumi di un’infanzia mai stata tale.

Se la trama può sembrare a prima vista intrigante, a demolire completamente il film, facendolo sfociare nel ridicolo, sono i dialoghi. Il tono della voce del protagonista maschile e le parole che escono dalla bocca dei tutti i personaggi sono totalmente irrealistici ed improbabili. A ciò si aggiunge un copione pieno di buchi di trama con innumerevoli facilonerie narrative.

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Tutto sa di già visto, dal contesto adolescenziale in cui avvengono gli eventi principali, alla stessa attrazione erotica che s’instaura gradualmente fra due giovani. Da una parte la ragazza problematica ma speranzosa verso il futuro, e dall’altra il classico tenebroso dal fascino tormentato e pericoloso con cui è impossibile non incrociare il proprio sguardo. Entrambi hanno un carattere stereotipato e quasi bidimensionale, privo di qualsiasi fondamenta.

Così Fabbricante di lacrime sfrutta un incipit interessante per poi approdare nell’erotismo adolescenziale più banale e prevedibile, in cui è possibile rintracciare le stesse identiche dinamiche viste più e più volte. Si comprende il filo della trama solo perché ciò che si vede è un tipo di relazione trita e ritrita, alla base di tutti i più banali film per adolescenti. Credo che la cosa più apprezzabile di questo film sia stata la musica suonata al piano e i video su TikTok che ironizzano sulla banalità di questa pellicola.

Insomma, Fabbricante di Lacrime è un lungometraggio sconnesso e senza mordente, capace solamente d’imprimere momenti fuggevoli che non riescono mai a trovare un nesso fra loro. È tutto estremamente telefonato e quasi obbligato con riprese talmente basiche che potrebbe essere stato diretto da uno studente universitario squattrinato.

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Nessun personaggio diverte particolarmente o riesce a trovare una propria raison d’être, risultando delle macchiette senza uno sviluppo narrativo concreto.

Ciò che Fabbricante di Lacrime si porta a casa è un erotismo piatto e una serie di riflessioni sull’amore tossico e sulle infanzie rubate. Un’ottima opportunità per parlare di importanti tematiche demolita da frasi cringe sussurrate all’orecchio, processi giudiziari che terminano in un applauso e un coma preso e messo lì senza nessun apparente motivo.

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Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.