Rocketman: “Ricordo quando il rock era giovane”

Narrare la biografia di personaggi realmente esistiti non è mai semplice, soprattutto quando si tratta di una rockstar di fama mondiale.

La vita di Elton John, in particolare, sembra essere stata vissuta per essere, in un futuro più o meno lontano, raccontata nei minimi dettagli. E quel momento arriva nel 2019, anno in cui il cantante decide di dire addio alla scena musicale con un grandioso tour partito negli Stati Uniti.

Il film di Dexter Fletcher, di cui lo stesso artista è produttore, si presenta innanzitutto come l’eredità di uno dei più grandi performer della storia. Il regista sceglie però una strada alternativa rispetto ai classici biopic musicali, probabilmente a causa dell’uscita a pochi mesi di distanza da Bohemian Rhapsody, il film sui Queen campione di incassi e vincitore di quattro premi Oscar.

Fletcher, che, dopo l’allontanamento di Bryan Singer, aveva portato a termine le riprese di quest’ultima pellicola, decide di trasformare la vita di Elton John in un grandioso e sfarzoso musical, che ricorda moltissimo gli spettacoli dal vivo del cantante.

Usando le canzoni originali dell’artista, la sceneggiatura costruisce pezzo dopo pezzo la figura di Reginald Dwight, dalla sua infanzia problematica fino al successo planetario, passando per la scelta di cambiare nome e per l’incontro con Bernie Taupin, autore della stragrande maggioranza dei suoi successi. La scelta valorizza pienamente la materia raccontata, anche grazie alla presenza di Lee Hall come sceneggiatore (famoso per essere stato l’autore di Billy Elliot e di molte opere teatrali).

Altra scelta vincente è quella di narrare la storia a ritroso, attraverso una sorta di lunghissimo flashback scaturito dalla mente e dai ricordi dell’artista, che si confida e si confessa durante una seduta degli alcolisti anonimi. Riconciliato, almeno in parte, col suo passato, l’Elton reale può decidere di ritirarsi dal mondo dello spettacolo e di interrogarsi sull’importanza dei suoi più grandi successi, di cui la pellicola spesso racconta l’origine e il significato. I want love, per esempio, diviene il veicolo attraverso cui il cantante, ma anche i suoi amici e parenti, manifestano i propri desideri, Rocketman rappresenta la canzone della riconciliazione col passato e Tiny Dancer è un inno in cui riversare i propri sentimenti per l’amico Bernie. A questi si aggiungono i singoli più scanzonati e irriverenti dell’artista, come The bitch is back e Crocodile Rock.

Molti sono i punti di forza di Rocketman che lo rendono, dal punto di vista cinematografico, un prodotto valido ed interessante. Se non fosse che, in tutti gli spettatori, il ricordo di Elton è vivo e pulsante, sarebbe facile dimenticarsi che si è davanti al racconto di una vita reale, difetto invece riscontrabile in Bohemian Rhapsody, che non si discosta mai dalla voglia di raccontare in maniera pulita, lineare e quasi cronachistica la storia dei Queen.

Sir Elton John non ha paura di sporcare il suo mito (i particolari della sua vita omosessuale e le sue ricorrenti dipendenze da alcool e droghe non vengono infatti tenuti nascosti) e concede al regista e allo sceneggiatore di raccontare ogni singolo aspetto della sua vita, permettendo al pubblico di comprendere il dolore e la sofferenza da lui provati.

Ma il modo in cui la storia viene narrata non consente al racconto di cadere nell’autocommiserazione o nella semplice voglia di conoscere dettagli scabrosi di un personaggio famoso.

La pellicola, infatti, complice anche la forma del musical, si presenta come un omaggio prima di tutto alla cultura pop\glam, da cui si attinge a piene mani per scenografie e costumi esagerati ma anche per scene esteticamente ricche di dettagli.

Persino la fotografia e il montaggio quasi schizofrenico contribuiscono alla riuscita del film. Molte sequenze risultano iconiche, prima fra tutte la scena di riconciliazione fra Elton adulto e bambino, che avviene sott’acqua, al ritmo della canzone che dà il titolo al biopic.

Il cast si immedesima totalmente nei vari personaggi e non c’è un singolo attore che risulti fuori parte. Taron Egerton, con alle spalle pochi ruoli di successo (Kingsman – Secret Service e sequel), porta avanti una performance attenta e calibrata, calandosi perfettamente nei panni spesso scomodi di un personaggio come Elton John. Al contrario di Freddie Mercury\Rami Malek, non ricorre a trucchi o protesi, ma basa la sua interpretazione esclusivamente sulle sue capacità e sulla sua somiglianza naturale all’artista, non sottraendosi nemmeno alla prova canora, portando avanti tutte le performance musicali della pellicola, riuscendo così a restituire un ritratto più vero e sincero di quello, quasi artefatto, del frontman dei Queen.

Fra i comprimari spiccano Jamie Bell, il bambino prodigio di Billy Elliot, nella parte di Bernie Taupin, Bryce Dallas Howard (The Help, Jurassic World) nei panni della madre di Elton: una donna dura e severa, mai completamente dalla parte del figlio, e Richard Madden (Robb Stark de Il trono di Spade) nel ruolo del manager e compagno del cantante, John Reid. Quest’ultimo assume nel film i panni del vero e proprio villan, che tiene a bada Elton con alcool e droghe. La figura di Reid era già presente in Bohemian Rhapsody ed anche qui aveva il volto di una star del Trono di Spade: Aidan Gillen (che interpretava Petyr Baelish). Tuttavia, il suo ritratto risultava sicuramente più edulcorato e meno severo.

Per concludere, raccontando la vita del protagonista come una sorta di flusso di coscienza interiore, la pellicola riesce nel difficile tentativo di narrare una storia reale nel modo più fedele possibile.

Rocketman riesce in tutto, persino dal punto di vista stilistico e cinematografico, grazie soprattutto al taglio che il regista dà della trama e all’utilizzo delle canzoni originali, usate come fil rouge di tutta la narrazione, che si costruisce intorno ad esse e non le utilizza come mero espediente, modificando qualche parola dei testi laddove necessario. È grazie anche ad una scenografia e ad una fotografia esagerate e sfarzose, che il regista riesce a rendere omaggio alla vita (privata e professionale) di un uomo che ha fatto della stravaganza il punto di forza.

REVIEW OVERVIEW
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Scenografia/Costumi:
Classe 1994, laureata in Lettere moderne alla triennale e in Scienze dello Spettacolo alla magistrale. Da sempre appassionata di cinema, coltiva il sogno di diventare critica cinematografica. Guarda di tutto e si appassiona ad ogni genere, dal film d’autore fino ai cinecomics. Per lei sarebbe impossibile stilare una classifica delle sue pellicole preferite. Se non sapete dove trovarla, probabilmente è in sala a gustarsi un nuovo film.