“La ragazza del treno”: si poteva fare di meglio

la ragazza del treno-recensione-film

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Non fidarti di ciò che vedi dal finestrino di un treno. Le vite degli altri non sono mai come sembrano.

“La ragazza del treno” è un film del 2016, ispirato all’omonimo bestseller di Paula Hawkis. È un thriller affascinante, che carpisce a pieno l’essenza dell’epoca del voyeurismo, dei social e della (concessa) violazione dell’altrui privacy. Con una storia che non vi permetterà mai più di guardare fuori da un finestrino con gli stessi occhi, la Hawkins ci trascina nella vita di Rachel, una donna distrutta dal dolore, dall’alcool e dalla vita.

Divorziata dall’uomo che tanto ama, la protagonista vive sola, non ha amici e ogni giorno prende sempre lo stesso treno che la porta nella periferia di Londra, luogo dove un tempo lavorava. L’unica cosa in grado di procurarle piacere è osservare, fuori dal finestrino, le vite degli altri e, in particolare, quella di una giovane coppia che ogni mattina si siede a fare colazione in veranda.

Quei due sono per Rachel l’incarnazione del vero amore, quello che si vede soltanto nei film e che molti possono solo immaginare. Ma purtroppo la realtà non è mai come appare e il mondo della protagonista cade a pezzi quando scorge la ragazza (Megan) con un altro uomo. Tutte le sue certezze crollano inesorabilmente e, quando quella donna scompare, tutta la sua vita viene catapultata improvvisamente in un vortice di tensione e Rachel farà di tutto per aiutare il marito di Megan a ritrovarla. La ricerca la porterà faccia a faccia con bugie e colpi di scena inaspettati, nascoste verità provenienti dal passato che nessuno avrebbe mai voluto conoscere.

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La ragazza del treno” è un thriller che funziona molto più come romanzo che come film. Per spiegarvi il perché, devo prima ammettere che questa è una delle poche storie di cui ho letto il libro prima di averne visto il film. Ero andata al cinema piena di aspettative perché il romanzo mi aveva lasciata letteralmente a bocca aperta: la scrittrice era riuscita a creare qualcosa di omogeneo e compatto nonostante dovesse cambiare punto di vista costantemente. Per quanto la cosa dovesse apparire confusionaria, ad ogni pagina capivi perfettamente di star leggendo la storia del personaggio giusto al momento giusto. Ogni singolo dettaglio sembrava essere stato collaudato nei minimi dettagli.

Poiché questa tecnica la trovavo sicuramente più idonea ad un adattamento cinematografico che ad uno letterario, ero convintissima che il film sarebbe stato un assoluto successo. Ma mi sbagliavo… Dopo sole poche scene, avevo già capito che il balzo da un personaggio ad un altro non avrebbe funzionato a dovere. La storia ci appare lenta, sconnessa… noiosa. La suspance, l’angoscia e il dolore che sono l’essenza e la vita del romanzo, nel film non si percepiscono nemmeno.

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Persino i protagonisti non vogliono funzionare e, nonostante lo straordinario lavoro di Emily Blunt (Rachel), col suo sguardo perso nel vuoto, offuscato e pieno di dolore, il suo personaggio non riesce a stare in piedi. Il cast d’eccezione scelto da Tate Taylor (The Help) e formato da Haley Bennett, Rebecca Ferguson, Luke Evans e Justin Theroux, si trasforma in un flop pazzesco.

L’unica cosa effettivamente degna di nota è l’ambientazione e l’atmosfera che il regista è riuscito a creare. La storia è letteralmente avvolta nella nebbia e in un paesaggio dai toni cupi, quasi una metafora dei segreti che le case dei protagonisti nascondono. Tutto è calmo, tutto è buio, tutto è silenzioso. Questa è forse l’unica cosa che Taylor è riuscito a rendere alla perfezione del romano della Hawkins.

Per concludere, voglio darvi un consiglio spassionato: se vi piace il thriller e la suspance, leggete il libro e tenetevi lontani dal film che proprio non ne vale la pena.

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Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.