Piccole Donne (2019): Greta Gerwig e il femminismo

piccole-donne-2019-recensione

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Una delle caratteristiche principali dei grandi classici è quella di essere sempre attuali. In questo senso, Piccole donne di Louisa May Alcott è un romanzo che ha ispirato ed emozionato generazioni di lettrici e lettori. Il suo passaggio sul grande schermo ha scandito periodicamente la settima arte, dando modo agli spettatori di ritrovare nelle sale una storia che potesse avvicinarli alla tradizione e che fosse capace di unire alcune delle migliori interpreti del momento, per mettere in scena un racconto corale, in cui ogni personaggio gode di una sua personalità forte e ben definita.

L’opera, nel secolo scorso, ha avuto ben cinque trasposizioni cinematografiche: nel 1918, nel 1933, nel 1949, nel 1955 e nel 1994, senza contare un anime e una miniserie BBC. Così quest’anno le Piccole donne tornano finalmente al cinema per interpretare nuovamente la voce delle ultime generazioni femminili.

A compiere l’impresa è ancora una volta un cast di eccellenze: Saoirse Ronan nel ruolo di Jo, Emma Watson in quello di Meg, Florence Pugh in quello di Amy e Eliza Scanlen è la piccola Beth. Per i ruoli secondari, sono stati scelti nomi altrettanto di primo piano: Laura Dern è Marmee March, la star di Chiamami col tuo nome, Timothée Chalamet, è Laurie, Tracy Letts è Mr. Dashwood, Bob Odenkirk è il signor March, James Norton è John Brooke, Louis Garrel è Friedrich Bhaer, Chris Cooper è il nonno di Lurie Mr. Laurence e Meryl Streep (magnifica) è la temibile Zia March. A dirigere tutta l’operazione non poteva non esserci, ancora una volta, una regista donna: Greta Gerwig, già notata nel 2017 per il suo prezioso Lady Bird.

Ovviamente, con una troupe eccezionale come questa e con un testo così brillante, Piccole Donne non poteva certo passare inosservato sotto gli occhi della critica, che gli ha concesso ben cinque nomination agli Oscar del 2020: miglior film, miglior sceneggiatura non originale, miglior colonna sonora, migliore attrice protagonista (Saoirse Ronan) e migliore attrice non protagonista (Florence Pugh). Le candidature, tutte meritatissime dal mio punto di vista, centrano esattamente i punti di forza di questa pellicola.

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In questa versione infatti, oltre a degli attori che incarnano alla perfezione i personaggi che vanno a interpretare, calzando a pennello ruoli che sembrano quasi essergli stati cucini addosso, troviamo dei costumi stupendi e curati nel dettaglio, una buona fotografia che ci accompagna nelle avventure delle protagoniste e una sceneggiatura mozzafiato con battute potenti, capaci di lasciarti a bocca aperta. Personalmente, mi sono sentita molto orgogliosa di essere donna dopo aver ascoltato alcuni aforismi di questa pellicola. Nonostante il tema della forza femminile accomuni il romanzo e tutte le trasposizioni cinematografiche del secolo scorso, questa è certamente quella che mi è arrivata più al cuore.

La versione di Piccole donne di Greta Gerwig è infatti ben diversa dalle precedenti. Nel film, la linea narrativa sequenziale del romanzo – dove si incontrano per la prima volta le protagoniste da ragazzine, per seguirle durante la loro crescita e il passaggio all’età adulta – è rimessa in discussione dalla sceneggiatura che ci racconta i fatti saltando avanti e indietro nel tempo mediante collegamenti logici.

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In questa versione, la trama ha inizio quando le ragazze sono già cresciute, per poi procedere a ritroso nella loro storia attraverso una serie di flashback vissuti dalla protagonista Jo. Così come avviene nei romanzi (Piccole donne e Piccole donne crescono), è infatti la seconda delle sorelle March a fare da narratrice di tutta la vicenda, mostrandoci la sua lotta in un mondo maschilista per diventare una scrittrice di successo. Non per altro, il personaggio di Jo era quello con cui la stessa Louisa May Alcott si identificava, avendo preso spunto dalla sua esperienza familiare in maniera piuttosto fedele. In questa trasposizione, la sovrapposizione tra protagonista del romanzo e la sua autrice diventa piuttosto esplicita, con un’interessante riflessione sul finale.

La regista Greta Gerwig, conservando il suo occhio sincero sulla femminilità, già mostrato in Lady Bird, dà un taglio aggiornato alla storia della Alcott, interpretandone il messaggio più profondo. Il suo Piccole Donne racconta la storia di quattro sorelle, così diverse, ma così unite, pronte ad affrontare gli ostacoli della vita insieme, mano nella mano. La loro forza d’animo e il loro coraggio mostrano al pubblico il potere delle donne in un periodo in cui la massima ambizione per una ragazza poteva essere solo quella di sposare un uomo ricco e mettere su famiglia.

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Piccole Donne è quindi un film, ma prima di tutto un romanzo di formazione, che affronta la tematica della crescita, della difficoltà di affacciarsi al mondo del lavoro, di essere buoni e generosi nonostante niente intorno a noi vada nel verso giusto. È un capolavoro che merita di essere letto e visto perché ha tanto da dire sui sogni e le ambizioni delle donne di tutti i tempi. È una storia completa in cui nessun personaggio risulta un semplice stereotipo, ma sono tutti “persone” in carne e ossa, con difficoltà da affrontare, amori da vivere e sogni da realizzare.

In conclusione, spero che Piccole Donne riesca a ottenere l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale perché questa pellicola è riuscita a dare vita nuova a un’opera già vista, facendocela riscoprire con affetto, dolcezza e uno sguardo tutto nuovo.

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REVIEW OVERVIEW
Regia:
Sceneggiatura:
Cast:
Costumi/Scenografia:
Fotografia:
Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.

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