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Ted Bundy- fascino criminale è il film di Joe Berlinger che racconta la storia vera dell’uomo che ha sconvolto l’America degli anni Settanta, uccidendo 36 ragazze e forse più. Il regista, che ha diretto per Netflix anche una bellissima miniserie di documentari sullo stesso soggetto, intitolata Conversazioni con un killer: Il caso Bundy, ha realizzato questa pellicola ispirandosi al libro di memorie “The Phantom Prince. My Life With Ted Bundy” di Liz Kloepfer Kendall, qui interpretata dalla giovane e promettente attrice Lily Collins.

La storia, sebbene abbia come protagonista il serial killer americano, prende il punto di vista di Liz, una donna che, come molte altre, è caduta preda del fascino di questo uomo e non è riuscita a riconoscere l’inganno e a vedere la bestia nascosta dietro la faccia d’angelo. Il film concentra il fulcro della sua storia intorno ad una semplice domanda: Si può amare un mostro, un essere senza umanità, empatia, compassione e rimorso? Purtroppo, a giudicare dalle molte donne che hanno voluto bene a Ted Bundy, la risposta è sì.

Il suo caso resta unico nella storia di questo tipo di criminali perché fu l’unico uomo, sospettato di aver ucciso decine di donne, ad avere centinaia di ragazzine pronte a difenderlo. Questo perché Ted Bundy era abilissimo a nascondere il suo lato oscuroe a crearsi rapporti di amicizia che legittimassero la sua normalità di bravo cittadino. In più, il fatto di avere un volto gradevole ma un po’ anonimo, gli consentiva, con una notevole capacità camaleontica e poche modifiche, di cambiare totalmente aspetto.

E così, negli anni Settanta, quando le ragazze giravano in autostop e c’era un’aria di libertà e sicurezza, lui si muoveva come uno squalo in un oceano pieno di pesci. Era un cacciatore abile ed esperto, che otteneva sempre quello che voleva ed era così sfacciato e sicuro della sua impunità, da presentarsi alle prede col suo nome di battesimo.

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Le sue vittime erano sempre ragazze carine e di buona famiglia, spesso studentesse universitarie, con lunghi capelli castani e la riga al centro. Somigliavano a Stephanie Brooks, una upper class girl al cui mondo Ted avrebbe voluto disperatamente appartenere. È alla fine della loro relazione platonica, nel 1974, che molti fanno risalire la causa scatenante dei suoi delitti.

Il film, strutturato in stile documentaristico, parte da poco dopo questo episodio e passa in rassegna tutte le fasi giudiziarie del processo a questo enigmatico uomo. Se nelle prime scene Ted appare come una persona sportiva, sorridente, affettuosa, affidabile e al di sopra di ogni possibile sospetto, col procedere della storia ci rendiamo conto quanto sia stato facile per lui ingannare le donne che lo hanno amato perché, anche noi, pur sapendo la verità, siamo rimaste vittime del suo fascino.

Sin dal primo processo, noi spettatrici ci schieriamo dalla sua parte perché siamo convinte, nel profondo, che l’uomo di cui Liz si innamora, che sveglia sua figlia e le prepara la colazione, non possa essere un pazzo omicida. Col procedere dei capi d’accusa e con scene che non lasciano spazio a dubbi, iniziamo a capire di essere state fregate ma, una parte di noi, continua a sussurrarci la sua innocenza. Infine, quando ormai la sua colpevolezza è certa, ci sentiamo tradite, non solo da lui, ma anche dal nostro sesto senso femminile che ci aveva detto: “Sì, di questo uomo ti puoi fidare”.

Probabilmente la nostra è stata una sensazione simile a quella che hanno provato Liz Kloepfer prima e Carole Anne Boon poi. Quest’ultima, in particolare, interpretata da Kaya Scodelario, si sposò con Ted in tribunale e concepì una figlia mentre i secondini in carcere guardavano altrove. Entrambe le donne lo difesero per anni ma, alla fine, incredule e sconvolte dal dolore, dovettero accettare l’idea che “gli assassini non sbucano dal buio con denti affilati e il sangue che gli cola dalla bocca” ma sono in mezzo a noi, travestiti da esseri umani. E così Bundy, rimasto solo, passò i giorni precedenti all’esecuzione raccontando finalmente tutto sui suoi atroci crimini, nel tentativo inutile di ritardare la sua morte, avvenuta tramite sedia elettrica nel penitenziario della Florida, il 24 gennaio 1989.

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Lo stesso giorno, subito fuori del carcere, si scatenò un ignobile circo, un allegro happening adolescenziale in cui folle di persone, per lo più giovani, inneggiavano alla prossima morte del killer, con gadget e t-shirt a tema macabro.

Passando alla parte tecnica, devo ammettere che Ted Bundy è un film dal ritmo decisamente lento ma ciò è dovuto, per lo più, alla cura con cui sono state ricreate le inchieste. La pellicola è, infatti, squisitamente veritiera perché si basa su numerose testimonianze video che sono state studiate minuziosamente per ricreare ambientazioni, costumi, battute e movimenti.

La regia è buona ma non eccezionale, tende (giustamente!) ad eclissarsi, per lasciare spazio al proseguire della storia. La vera punta di diamante del film sono gli attori, a cominciare da Zac Efron. Personalmente ho trovato geniale l’idea di far interpretare questo personaggio all’idolo delle teenager. Zac Efron, infatti, per la mia generazione che è cresciuta a pane e High School Musical, è un po’ come un principe azzurro, il ragazzo perfetto che tutte vorremmo. In un certo senso, anche Ted Bundy appariva così agli occhi delle donne che, anche di fronte all’evidenza, continuavano a difenderlo.

A parte questo, penso che Zac Efron abbia fatto decisamente un buon lavoro, sicuramente la sua migliore performance. Riesce ad evocare, soprattutto in alcuni momenti, con lo sguardo e il sorriso solo in apparenza solare, lo spirito sfuggente e minaccioso del personaggio. Al suo fianco, troviamo due attrici di tutto rispetto: Lily Collins, abituata ormai ai film drammatici, e Kaya Scodelario, che, per questo genere, è stata davvero una grande rivelazione.

Lily Collins riesce a trasmettere bene il senso di angoscia di una donna alle prese con qualcosa di più grande di lei, che trova alla fine il coraggio di esorcizzare il mostro che l’ha intrappolata e di affrancarsi per sempre dalla sua ombra, costringendolo – in una scena che è forse la più efficace del film – a dirle la verità che ha bisogno di sentire e che il pubblico aspettava. Kaya Scodelario, dal canto suo, nell’interpretazione mimetica di Carole Ann Boone, riesce a rendere perfettamente il dolore di una donna accecata dall’amore per un uomo che ha rincorso per anni e che, alla fine, può finalmente essere suo.

Per concludere, Ted Bundy- fascino criminale è un film intenso, vero e capace di farti infuriare con te stesso per non aver capito che il Male può celarsi anche in chi è del tutto simile a noi o, in casi come quello di Ted Bundy, è perfino percepito come superiore.

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Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.