ESCAPE ROOM- muori dalla voglia di giocare

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Escape room è l’horror diretto dal regista Adam Roditel (Insidious: L’ultima chiave) che nasce da un’idea di Bragi F. Schut. Il film si ispira al gioco di fuga dal vivo: una gara di logica nella quale i concorrenti, una volta rinchiusi in una stanza allestita a tema, devono cercare una via d’uscita utilizzando ogni elemento della struttura e risolvendo codici, enigmi ed indovinelli.

Per chi conosce il gioco, tutto è chiaro fin da subito. Nella trama sei persone di diversa provenienza si vedono recapitare un misterioso pacchetto che contiene al suo interno uno strano puzzle a forma di cubo. Una volta risolto, questo consegna al suo proprietario un biglietto d’ingresso per l’esclusivo complesso di Escape Room della Minos, un’associazione che mette in palio un premio di 10mila dollari per chiunque riuscisse a venirne a capo di tutti gli enigmi presenti nelle stanze. L’occasione di vincere un bel gruzzoletto facendo uno “stupidissimo” gioco sembra davvero allettante. Ma sarà tutto così semplice? Chi sopravvivrà a questa gara più mortale del previsto?

Escape Room è un film figlio della nostra generazione. Dentro c’è un po’ di tutto: La Settimana Enigmistica, The Game, il Cube di Vincenzo Natali e perfino qualche rimando, nel finale, all’ideologia dell’Hostel di Eli Roth. Io personalmente, in poche parole, lo definirei una versione della saga di Saw molto meno splatter, alleggerita delle scene cruente per essere accessibile anche a quelli con lo stomaco debole. Dopotutto, cosa troviamo? Persone costrette a risolvere indovinelli ed enigmi per salvarsi la vita, chiavi da cercare, personaggi più o meno svegli e un’antagonista misterioso che tira le fila di questo gioco malato.

La pellicola contiene quindi tutti i cliché del genere (adattati ai nostri tempi!), a cominciare dai personaggi. C’è il nerd fissato che pensa di sapere tutto, l’ex militare segnato dalle cicatrici (che in questo caso è una donna), il ragazzo sfigato che non capisce perché sia finito a partecipare, il genio della fisica (che in Escape room è una bambina asociale), il camionista che teme di essere sostituito e il miliardario egoista, narcisista e arrogante (che qui è un uomo di colore pronto a tutto pur di salvarsi).

La trama, per quanto non sia originale, è davvero molto carina. Il problema di Escape Room è che tutto è tremendamente prevedibile. Questo perché, se si presentano solo tre personaggi dei sei che si troveranno ad affrontare i mortali pericoli del gioco, si capisce subito che gli altri tre sono destinati a essere una mera cornice, anche se uno di questi è interpretato da Deborah Ann Woll, il nome più noto del cast.

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Persino cosa accade nelle stanze inanellate dai protagonisti è sempre piuttosto pronosticabile e l’unico enigma da risolvere: il perché siano stati scelti proprio questi giocatori, viene svelato quasi subito con uno spiegone più lungo della Bibbia. Con un testo così, l’unica cosa che il regista può fare per tenere svegli gli spettatori è mantenere alta la tensione: in Escape Room non è mai il come a essere messo in dubbio, o il se, né tantomeno il chi. Il quando è la chiave della suspense studiata da Robitel, in un film che è una costante corsa contro il tempo.

Probabilmente la grande metafora di Escape Room va ricercata nel fatto che tutti noi, al giorno d’oggi, lottiamo contro le scadenze che ci vengono imposte. Mentre qualcuno di oscuro e potente sembra divertirsi a guardarci arrancare per portare a casa la giornata, la nostra sopravvivenza è garantita solo dall’uso del cervello.

Passando agli aspetti tecnici devo ammettere che la sceneggiatura non è assolutamente delle migliori: la trama è ridotta all’osso e la caratterizzazione dei personaggi si limita ad un unico aggettivo. Non sono umani ma “tipi”, non hanno sfaccettature o lati nascosti, sono solo piatti e trasparenti. Come conseguenza di ciò il lavoro degli attori non poteva essere una grande performance. Ognuno ha svolto il suo bel compitino senza regalare niente allo spettatore.

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Tuttavia, il vero punto di forza di Escape Room è la scenografia utilizzata per le stanze. Ogni volta che viene svelata una camera non vedi l’ora di sapere come hanno progettato quella successiva. La ricchezza dei particolari e l’uso dei colori rendono gli ambienti davvero affascinanti.

Per concludere, Escape Room non è certo l’horror più originale di sempre ma è piuttosto carino, adatto a chi piace il genere ma odia vedere budella guizzare in aria. Se non siete persone particolarmente coraggiose ma volete avvicinarvi a questa tipologia cinematografica, questo è il film che fa per voi.

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Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.