“Blade Runner 2049”: cose che voi umani non potreste immaginarvi

Dopo grandi pellicole come Arrival, Sicario e Prisoners, Denis Villeneuve è pronto per un’altra grande sfida, riportando nelle sale uno dei film più attesi del genere fantascientifico: Blade Runner.

La sua cinepresa sorvola su una Los Angeles del 2049, figlia delle supposizioni dei nostri tempi con i suoi grattacieli, le sue pubblicità e le sue macchine volanti. In questo mondo lontano, i replicanti si sono ormai integrati nella società poiché le colture sintetiche si sono rivelate necessarie per la sopravvivenza del genere umano. L’agente K è un blade runner della polizia, replicante di ultima generazione che dà la caccia ai Nexus ribelli. Mentre è sulle tracce di un vecchio replicante della Tyrell, scopre qualcosa che potrebbe cambiare per sempre tutte le conoscenze finora acquisite sui replicanti e, dunque, cambiare il mondo.

Tra piccole sorprese e scene eccessivamente telefonate, il film alterna effetti speciali mozzafiato a una struttura narrativa e a dialoghi non troppo interessanti. La sua trama noir si fonde completamente con le domande e gli interrogativi su identità e umanità che stanno al centro del racconto, cadendo, purtroppo molto spesso, nel prevedibile e nel già visto. Nonostante ciò, debbo ammettere che il finale mi ha preso completamente alla sprovvista, impedendomi di capire dove sarebbe andato a parare fino ai titoli di coda.

Sicuramente Roger Deakins ha dato un grande contributo alla realizzazione della pellicola, rendendo il primo blockbuster hollywoodiano di Villeneuve, un film visivamente ricercato e sperimentale. Nonostante il desiderio evidente di creare una realtà fedele al primo Blade Runner, il regista finisce per dare vita a qualcosa di più dinamico, più movimentato ma sicuramente anche più pretenzioso.

È evidente il suo tentativo di espandere il materiale visivo, inserendo, molto spesso, scene inutili e superflue che allungano a dismisura la durata del film. Due ore e mezzo sono infatti decisamente eccessive per la trama che ha voluto raccontare, canalizzando l’attenzione dello spettatore su momenti che sembrano importanti ma che in realtà non lo sono affatto. Nonostante tutto questo e nonostante l’ansia del regista di costruire una mitologia che passasse alla storia, Blade Runner 2049 è figlio di un’utopia progressista che si incentra su orizzonti a noi conosciuti con uno sguardo attento e anche un po’ macabro.

Questa pellicola è, per così dire, il replicante del Blade Runner di Ridley Scott: più forte, più lungo, più intenso, più muscolare e più ricco. Questo sequel che, nonostante le sue doti, resta comunque un replicante, è il prodotto culturale del mondo moderno, sempre bisognoso di una storia d’amore, sempre eccessivo nel mostrare le sue capacità e, molto spesso, persino presuntuoso.

Sicuramente il fulcro di tutta la narrazione è il bravissimo Ryan Gosling che, dopo La La Land, si è buttato in qualcosa di totalmente diverso e muscolare. Il film pesa sulle sue spalle e la riuscita della pellicola è tutta nelle sue mani, un po’ come nel personaggio che deve interpretare. Ma Ryan è Ryan e difficilmente riesce a sbagliare. Nonostante non sia mai perfetto e totalmente nella parte, riesce comunque a catapultarci in un altro mondo, rendendo il suo personaggio sufficientemente credibile. Al suo fianco, ma solo per poco tempo, troviamo il grande Harrison Ford, un vero mito. Nonostante non sia più giovane come era una volta, la sua forza e la sua salda presenza, non riescono mai a tramontare.

Per concludere, Blade Runner 2049 è sicuramente un film ambizioso, a suo modo complesso, affascinante e perfino coraggioso ma pecca decisamente di presunzione.

Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.