Non ci resta che vincere: premio Goya 2019

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Non ci resta che vincere ha i toni leggeri ed ironici di una commedia ma i contenuti e le dinamiche di un film drammatico. La storia è costruita intorno ad una trama semplice e moderna dove gli attori, tra i quali spiccano Javier Gutiérrez Alvarez, Athenea Mata e Gloria Ramos, risultano credibili e magistralmente calati nella parte.

Il film, diretto da Javier Fesser, segue la storia di Marco, allenatore di una squadra di basket professionista. Sorpreso alla guida in stato di ebrezza viene condannato a una pena d’interesse generale e, per ordine del giudice, è costretto a creare una squadra di basket composta da persone con un deficit mentale. Se all’inizio questa pena viene vista come una tortura, presto si trasforma in una lezione di vita sui pregiudizi sulla normalità.

Attraverso il protagonista, il registra porta sul grande schermo temi coinvolgenti che catturano l’emotività dello spettatore. Al centro della storia, c’è la difficoltà di riconoscersi adulto e la fatica nell’intraprendere questo inevitabile percorso che ci pone inesorabilmente di fronte ai nostri limiti.

Non ci resta che vincere racconta un modo alternativo di intendere la paternità, qui intesa come una presa di coscienza della responsabilità che ciascuno di noi ha nei confronti dei vissuti dell’altro. Ogni scelta è un passo verso il tipo di persona che vogliamo diventare e il protagonista ce lo ricorda fino all’ultima scena, in cui dà finalmente voce al proprio sentire e smette di fuggire da sé stesso.

Marcos Montes è un personaggio che cresce, che affronta il cambiamento e che trova il coraggio di mettere in discussione la propria parte più profonda. È facile, osservandolo, rispecchiarsi in lui. Da persona incosciente si trasforma in uomo di cuore, tutto grazie ad una squadra che non avrebbe mai voluto allenare (interpretata interamente da attori disabili). I componenti del team conquistano lo spettatore, per la simpatia prima e per la loro autenticità poi, ma soprattutto per il coraggio di chiamare la diversità con il proprio nome, senza nascondersi dietro giri di parole e aiutando il protagonista a fare lo stesso. Lo scopo di questa pellicola è far comprendere al pubblico che la normalità non è un dato oggettivo bensì dipende dal filtro interiore di ciascuno e dallo sguardo con cui ci si approccia alla realtà.

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L’incontro finale è l’apice del film, un momento che trascina lo spettatore nell’entusiasmo del gioco, coinvolgendolo nel tifo generale. È al termine del percorso che si disputa la partita vera, dove la fatica della preparazione paga con il risultato… che non sempre è arrivare primi ma spesso è godere delle emozioni e dell’entusiasmo del viaggio e del singolo momento.

Collantes, una delle giocatrici, ci spiega infatti che vincere ha un significato soggettivo, che passa attraverso una competizione leale, che riconosce e protegge le fragilità così come la dignità nostra e di chi si confronta con noi. Tutti abbiamo il diritto di sperare nella vittoria e di lottare per essa, purché si rispetti la diversità, l’unicità di ciascuno e i contenuti che vengono messi in gioco.

In fin dei conti, non è stracciare l’avversario ciò che conta davvero, in un campo di basket come nella vita, bensì fare del proprio meglio, crederci fino all’ultimo minuto e poter gioire tutti insieme del buon risultato, anche quando sul posto più alto del podio non siamo noi a salirci.

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Diversi sono i riconoscimenti ricevuti da Non ci resta che vincere. La pellicola infatti, non solo vince il premio Goya per il 2019 come miglior film ma ci offre anche tra gli attori alcune rivelazioni di notevole interesse: Jesus Vidal e Gloria Ramos sono sicuramente le figure più divertenti e centrate della pellicola.

Javier Fesser, dal canto suo, spicca non solo per la regia ma anche per il montaggio e per la partecipazione alla sceneggiatura. La fotografia scelta è semplice, ricca di primi piani per le scene più cariche di phatos e di brio per i momenti più dinamici. Una particolare attenzione e precisione nei tempi comici si nota nelle frequenti e divertentissime gag che, non solo mirano a tenere leggero il tenore del film ma pure permettono di cogliere, tramite battute esilaranti, le sottili sfumature dei significati che lo stesso ci vuole trasmettere.

Per concludere, Non ci resta che vincere è quindi un film ironico ma commovente che vi consiglio caldamente di vedere.

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Sono diplomata in Ragioneria e iscritta alla facoltà di Scienze dell’educazione presso la Bicocca di Milano, classe 1973. Adoro da sempre la buona lettura: spazio volentieri dai libri classici a quelli più moderni. Amo il cinema e la scrittura, oltre a dilettarmi nel disegno e nella decorazione d’interni. Considero il blog Monlaw uno spazio divertente e moderno in cui potermi cimentare.