ALABAMA MONROE – Una storia d’amore

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C’è sempre qualcosa nella vita che valga la pena mettere sul proprio corpo

“Alabama Monroe – Una storia d’amore” è un film drammatico di origine belga del 2012 che vuole coinvolgere emotivamente lo spettatore e la cui trama si ispira alla cultura folk americana. La pellicola vanta l’attenta regia di Felix Van Groeningen, la magistrale fotografia di Ruben Impens e una colonna sonora di grande pregio di Bjork Eriksson. L’attenzione al particolare giova a questo prodotto cinematografico svariati riconoscimenti e nominations internazionali, tra cui il premio al miglior film al Ceaser 2014.

Elise (Veerle Baetens) e Didier (Johan Heldenbergh) sono due outsider che vivono un’intensa storia d’amore, un sentimento che li travolge sin dal loro primo incontro. Il legame che li unisce è il filo conduttore di tutta l’opera, una catena così forte che non riuscirà a spezzarsi neppure di fronte al dolore più profondo. La ragazza è una tatuatrice che utilizza spesso il proprio corpo come tela per esprimere con i suoi disegni quello che sente, rappresentando la sua vita e cancellando via via i nomi degli uomini che ha amato per coprirli con nuovi tatuaggi. Come si può evincere già da questo particolare, in Alabama Monroe, il corpo ha un ruolo centrale: racconta i momenti di gioia nel sesso e di meraviglia per la nascita ma porta anche i segni del dolore nella malattia e nella sofferenza.

Il protagonista Didier gestisce la sua fattoria e si dedica alla sua grande passione: con un gruppo di amici, innamorati dell’America rurale, si esibisce nei locali in concerti di musica bluegrass. La stessa Elise entrerà a far parte del team e la sua voce limpida e malinconica si sposerà perfettamente con quella intensa del suo partner. Nonostante i due si credessero destinati alla precarietà dei sentimenti, decidono, per la prima volta, di impegnarsi fino in fondo e, dal loro amore, nascerà la figlia Maybelle (Nell Cattrysse), una bimba gioviale e piena di vita, che riempirà i loro giorni di incontenibile felicità finché, all’età di sei anni, non si ammalerà di tumore.

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Gli attori Johan Heldenbergh, Veerle Baetens e perfino la piccola Nell sono perfetti nei ruoli che rivestono. La protagonista, in particolare, offre al suo pubblico un’interpretazione assolutamente credibile e una performance indimenticabile che le frutta il premio come miglior attrice sia al Tribeca Film Festival che all’European Film Awards 2013. Il suo volto è capace di esprimere le sfumature di ogni emozione, affascinando e commuovendo profondamente lo spettatore.

Se Didier è il polo più razionale della coppia che, anche nei momenti di grande dolore, cerca nel concreto e nella logica più cinica l’appiglio a cui aggrapparsi per rimanere in piedi, Elise è l’arte, il sogno e la fede, nel senso più ampio del termine. Il suo estremo tentativo di sopravvivere alla disperazione è un lamento che si propaga nello spazio e nel tempo, il suo sguardo si perde nel ricordo e la voce è un pianto primordiale, che ci apre all’immenso vuoto e alla tristezza che pervade la sua anima. In questo film le emozioni sono al centro di tutto, mai moderate e sempre ardenti, inquiete e laceranti.

La narrazione è caratterizzata da frequenti flashback e da salti temporali che danno un buon ritmo alla storia. Felix Van Groeningen sceglie inequivocabilmente la strada del melodramma e spinge la narrazione al di sopra delle righe ma ha comunque l’accortezza di decostruire la narrazione, in modo da frapporre il dolcissimo ricordo del passato al dolore del presente, attraverso continui passaggi avanti e indietro nel tempo, fino alle ultime scene che invece procedono con la linearità inesorabile di una conclusione annunciata.

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Grande supporto alla drammaticità della vicenda è offerto da una fotografia pensata nei minimi dettagli e ottimamente realizzata: i paesaggi assolati o gli alberi tormentati da piogge torrenziali e vento funzionano da seconda voce emotiva, in sincrono con gli eventi che si succedono. Le musiche e le canzoni, in tipico stile country, sono un valore aggiunto, toccanti e intime espressioni del vissuto dei personaggi, un arricchimento a questa pellicola che vale sicuramente la pena di vedere.

Alabama Monroe è quindi un film che ci parla di lutto, della ricerca straziante di risposte che quietino la rabbia e la disperazione ma anche della consapevolezza che, come dicono i testi delle canzoni bluegrass che Elise e Didier cantano insieme, il dolore va consumato fino in fondo, senza mai sottrarvisi. Diversi sono gli spunti che attivano considerazioni di tipo etico e morale di notevole attualità. Ci si chiede fino a che punto ci si possa spingere, nella ricerca scientifica e nella sperimentazione, per combattere le gravi malattie che affliggono l’umanità… Dove finisce il consentito? Quando bisogna lasciar spazio alla fede e al rispetto ai suoi dogmi?

Elise e Didier sono l’una lo specchio dell’altro, uniti dall’amore e separati dal dramma. Ognuno si scontra con la propria parte più oscura, in un conflitto da cui è difficile uscire. Ma il loro è soprattutto un forte legame e forse, proprio questo amore che li unisce, cosi prepotente e pervasivo, sarà l’unico capace di sopravvivere ai giorni bui, al tormento e a loro stessi.

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Sono diplomata in Ragioneria e iscritta alla facoltà di Scienze dell’educazione presso la Bicocca di Milano, classe 1973. Adoro da sempre la buona lettura: spazio volentieri dai libri classici a quelli più moderni. Amo il cinema e la scrittura, oltre a dilettarmi nel disegno e nella decorazione d’interni. Considero il blog Monlaw uno spazio divertente e moderno in cui potermi cimentare.